Originariamente la santa patrona di Marino era santa Lucia, la cui festa si celebra tutt'ora in città il 13 dicembre di ogni anno.
A santa Lucia era dedicata una chiesa, situata nella parte basso-medioevale dell'abitato, ed eretta probabilmente nel XII secolo su una cisterna romana, ma rifatta agli inizi del XIII secolo per volere dell'allora signora di Marino beata Giacoma de Settesoli[3]. Parte di questa chiesa, unico esempio dell'architettura gotica nei Castelli Romani, ancora oggi sopravvive ed ospita il Museo Civico Umberto Mastroianni.
San Barnaba sarebbe divenuto patrono di Marino in seguito a una calamità naturale che colpì le campagne marinesi: l'11 giugno 1615 infatti una violenta grandinata devastò i raccolti dei marinesi. L'anno seguente un'altra grandinata, lo stesso giorno, cadde sulle campagne marinesi. Infine nel 1617 una terza grandinata sconquassò ancora, sempre nella giornata dell'11 giugno, i campi e le vigne locali. Per porre fine a questo flagello, venne convocata, il 2 febbraio 1618, un'assemblea popolare plenaria, che votò di scrivere una lettera al cardinal Francesco Sforza di Santa Fiora cardinale vescovo di Albano chiedendo di poter venerare san Barnaba, la cui festa ricorre proprio l'11 giugno, come santo patrono «appresso Sua Divina Maestà»[4]. Il 4 giugno 1619 il cardinal Sforza rispose affermativamente[5] e da quella data si iniziò a celebrare solennemente la festività di San Barnaba.
La fondazione
La basilica vista dal piazzale degli Eroi al tramonto
All'inizio del XVII secolo Marino era suddivisa in due parrocchie: la summenzionata parrocchia di Santa Lucia e la parrocchia di San Giovanni Battista, la cui parrocchiale era collocata nell'attuale rione Castelletto, nella parte alto-medioevale dell'abitato, e di cui oggi restano solo pochi resti inglobati dalle case. Quest'ultima parrocchia era la più antica. Allora il duca di Marino, Filippo I Colonna e suo figlio, il cardinal Girolamo Colonna, optarono per lo scioglimento delle due parrocchie e l'accorpamento delle stesse in un unico titolo parrocchiale la cui chiesa fosse intitolata a san Barnaba. Questa scelta, avallata dall'autorità ecclesiastica, fu anche ispirata da motivi di ragione pubblica, poiché pare che scoppiassero frequentemente risse tra i residenti nelle due parrocchie.
Così, il 28 ottobre 1636 mons. Giovanni Battista Altieri, vicario generale della sede suburbicaria di Albano, soppresse le due parrocchie marinesi di Santa Lucia e di San Giovanni Battista, accorpando le loro rendite e benefici nella costituenda parrocchia di San Barnaba[6]. Il duca Filippo I Colonna subito stanziò alcuni fondi per l'avvio dei lavori di costruzione, ai quali tuttavia attinsero purtroppo gli ufficiali tesorieri della Comunità di Marino che approfittarono di quel denaro per «recarsi a pazzeggiare all'hosterie» di Roma[7]. Nonostante il furto, la prima pietra della nuova parrocchiale venne solennemente posata il 10 giugno 1640 con la benedizione del cardinale Girolamo Colonna, alla presenza del duca Filippo I Colonna e degli altri membri della famiglia Colonna[8].
Il fianco sinistro della basilica da via Giuseppe Garibaldi
Papa Urbano VIII il 3 dicembre 1643 emanò la bolla Exclesa merita Sanctorum, con la quale non solo confermava la soppressione delle due antiche parrocchie marinesi in favore della nuova parrocchiale in costruzione, ma elevava anche quest'ultima al titolo di Collegiata perinsigne ed alla dignità abbaziale nullius, dunque dotata di un Capitolo di dodici canonici più sei beneficiati con diritto all'abito corale presieduto da un arciprete abate parroco con privilegio di cappa magna: l'arciprete abate parroco doveva essere, inoltre, affiancato da due «coadiutori perpetui» per la cura delle anime dei parrocchiani[9].I privilegi di canonici e abate parroco vennero ampliati nei secoli seguenti dai Pontefici: nel 1748 papa Benedetto XIV concesse all'abate parroco l'uso dell'abito pontificale ed ai canonici l'uso del rocchetto e della mozzetta paonazza; il 12 agosto 1828 invece papa Leone XII autorizzò i canonici ad indossare la cappa magna, in premio della fedeltà del clero marinese alla Santa Sede durante le vicende dell'occupazione francese[10]; infine il 17 novembre 1843 papa Gregorio XVI concesse sia all'abate parroco che ai canonici l'uso del collare di seta paonazza.
Tornando a parlare del procedere dei lavori, il 5 giugno 1642 l'ufficiale camerlengo del feudo di Marino comunicava al duca Filippo I Colonna che erano stati messi in opera tutti i pilastri dell'erigenda chiesa e le volte delle otto cappelle. Alcune misure dell'edificio: lunghezza alla facciata 58,75 metri; larghezza al transetto 24 metri; altezza della cupola alla lanterna 36 metri[11]. Fino a quella data erano stati spesi 12.000 scudi per la costruzione, e altrettanti ne verranno spesi in seguito, fino al 1655, per un totale di circa 30.000 scudi[12].
Si suppone che nel 1655 terminassero i lavori nella chiesa, durati quindici anni: tuttavia, non si poté procedere alla consacrazione del luogo di culto, a causa della devastante pestilenza che nel 1656 afflisse Marino e l'Agro Romano. La peste sterminò molti marinesi, lasciando in ginocchio il feudo, che dovette essere ripopolato con i vassalli di casa Colonna provenienti dall'Abruzzo: la popolazione marinese, stimata prima delle pestilenze a 2.000 abitanti circa, si ridusse in pochi mesi a poche centinaia di anime.
Il XVII secolo
Così la prima messa cantata fu celebrata nella nuova Collegiata solo il 22 ottobre 1662, da monsignor Carlo Tarugi vicario generale della sede suburbicaria di Albano e dal primo abate parroco, don Agostino Gagliardi. A quella data risale infatti la lapide apposta dal cardinal Girolamo Colonna sulla controfacciata, che ricorda come la chiesa sia sotto lo iuspatronatus perpetuo della famiglia Colonna. Tuttavia la consacrazione ufficiale della Collegiata venne celebrata solo il 14 maggio 1713 ad opera dell'arcivescovo di Napoli monsignor Antonio Sanfelice.
Il 10 dicembre 1662 l'immagine della Madonna del Rosario nuncupatam de Populo venne traslata dalla vecchia chiesa di Santa Lucia alla nuova Collegiata.[13]
Il XVIII secolo
Dopo le vicende della Repubblica Romana (1798-1799), a cui Marino aveva partecipato attivamente, nel 1799 le truppe napoletane di liberazione si accamparono ai Castelli Romani e anche a Marino, celebrando una solenne messa in suffragio dei loro caduti proprio nella Collegiata di San Barnaba[14].
Il XIX secolo
L'elevazione a basilica minore risale al 23 settembre 1851, per volere di papa Pio IX,[15] ferma restante l'aggregazione della città alla sede suburbicaria di Albano, già confermata da Gregorio XVI quando nel 1835 aveva elevato Marino al grado di città.
Dopo il 1870 a Marino esplose l'anticlericalismo della parte repubblicana maggioritaria della popolazione, che avversava fieramente la comunità parrocchiale con manifestazioni come il Carnevalone. Nel 1899 l'allora abate parroco volle mostrare anch'egli la sua ostilità verso i repubblicani e verso la stessa Italia unitaria proibendo l'ingresso in basilica alla bandiera italiana, in occasione di una messa in suffragio per i morti nella battaglia di Adua.
Il Novecento
Dall'inizio del secolo alla seconda guerra mondiale
Il terremoto del 1902 causò alcune profonde crepe nella struttura della basilica, perciò il Genio Civile di Roma nel 1909 portò a compimento alcuni necessari lavori di consolidamento, tramite il rafforzamento degli architravi delle due navate laterali con archi a tutto sesto, il potenziamento dei pilastri ed il rinnovamento del pavimento e dell'intonaco.[16]
Nei primi anni del Novecento, la parrocchia fu retta dall'abate parroco Attilio Pandozzi, sacerdote apertamente schierato con la forte maggioranza anticlericale, che arrivò al punto di scrivere un libello contro la Chiesa cattolica ed il Papa[17]; fu per questo sospeso a divinis ed allontanato dalla parrocchia. Il cardinale vescovo della diocesi suburbicaria di Albano Antonio Agliardi, per ricostruire una comunità "avvilita e dispersa" dopo la parentesi dell'"infelice parroco apostata"[17], scelse don Guglielmo Grassi (1868 - 1954)[18], combattivo sacerdote originario di Genzano di Roma, che resterà alla guida della parrocchia fino alla morte, avvenuta nel 1954. Nel 1937 sarà nominato vescovo di Damietta da papa Pio XII, tuttavia continuerà la sua opera di pastore a Marino. A monsignor Grassi si devono la fondazione della congregazione delle Piccole Discepole di Gesù, la creazione di un asilo per i genitori bisognosi durante la prima guerra mondiale, l'apertura della sala-teatro Vittoria Colonna l'incentivo all'attività teatrale, la fondazione dell'Oratorio Parrocchiale San Barnaba negli anni venti, la proficua collaborazione con il Servo di Dio Zaccaria Negroni che portò alla crescita dell'oratorio parrocchiale ed alla fondazione della congregazione dei Piccoli Discepoli di Gesù e della Tipografia Santa Lucia.
Nella notte tra venerdì 17 novembre e sabato 18 novembre 1911 la venerata immagine della Madonna del Popolo custodita nella seconda cappella di destra della basilica fu soggetta ad un furto sacrilego: i ladri entrarono da una porticina laterale nel coro e portarono via buona parte degli ornamenti più preziosi e degli ex voto.[19] I colpevoli del furto furono identificati quasi immediatamente nelle persone di tre anarchici: due marinesi, Tullo Ostilio Ciaglia ed Enrico Testa, e un forestiero, Proietti Giovanni. Furono condannati a tre anni di reclusione. Un secondo furto sacilego si verificò pochi anni dopo, nel 1914, ed i ladri penetrarono nella basilica sempre dalla stessa porticina, rimasta incustodita per "insipienza del Clero". Vennero trafugati i preziosi sopravvissuti alla prima rapina: i colpevoli stavolta non vennero identificati.
Il fianco destro della basilica dopo le incursioni aeree anglo-americane nel maggio 1944
Durante la seconda guerra mondiale, il 2 febbraio 1944 alle ore 12.30 circa, alcuni bombardieri North American B-25 Mitchell della 15^ United States Army Air Forces, del tonnellaggio di 1360 chilogrammi di bombe ciascuno, bombardarono il centro storico di Marino.[20] In questa occasione la basilica venne risparmiata; numerosi sfollati si rifugiarono nei sotterranei della basilica, nella sala-teatro Vittoria Colonna e nella chiesa della Coroncina, presso cui furono collocati anche alcuni uffici comunali, senza sede dopo il bombardamento di Palazzo Colonna. Alla Coroncina trovarono sede anche l'ufficio postale a la cassa di credito cooperativo San Barnaba, ed in un certo periodo anche un deposito di generi alimentari.[21]
Il 31 maggio 1944[22] quattro incursioni aeree anglo-americane colpirono la basilica: furono sfondati il tetto - già cadente - e un arco di sostegno della cupola, causando gravi danni ai dipinti dell'interno.[23]
Dalla seconda guerra mondiale alla fine del secolo XX
Il primo intervento di restauro alla basilica bombardata venne deliberato d'urgenza dall'amministrazione comunale pro tempore già nell'agosto 1944.[24] Venne ricostruito l'arco spezzato che sosteneva la cupola e furono restaurati i due dipinti del Martirio di San Barnaba attribuito a Bartolomeo Gennari conservato sulla parete di fondo del presbiterio e del Martirio di San Bartolomeo del Guercino conservato nel transetto sinistro.[25] Venne anche restaurata l'icona della Madonna del Popolo: Il restauro venne eseguito dal professor Giuseppe Grassi, fratello dell'abate parroco Guglielmo Grassi, a titolo completamente gratuito, mentre sarebbero costati oltre £ 80.000. Il 25 agosto 1948 la Madonna del Popolo tornò trionfalmente nel suo altare. Il 2 febbraio 1948 il Comune di Marino inaugurò le quattro steli di travertino collocate nell'altare del Crocifisso e dell'Addolorata -seconda campata a sinistra- su cui sono riportati i nomi dei 325 marinesi caduti nell'ultima guerra mondiale.
Nel 1950, il cardinale vescovo della diocesi suburbicaria di Albano Giuseppe Pizzardo nominò don Giovanni Eleuterio Lovrovich vicario coadiutore perpetuo dell'abate parroco Guglielmo Grassi con diritto di successione. Don Giovanni, originario di Sebenico in Dalmazia e fuggito da lì a causa delle persecuzioni jugoslave contro gli italiani, successe a monsignor Grassi alla morte di questi, il 14 settembre 1954: rimase parroco fino al 1989.[26] Si impegnò attivamente - assieme al Servo di Dio Zaccaria Negroni, diventato senatore democristiano - nell'ampliamento dell'Oratorio Parrocchiale San Barnaba, che sotto la sua gestione pastorale arrivò ad avere l'aspetto attuale; fu autore di opere storiche, come una preziosa monografia su Giacoma de Settesoli (1976) e l'importante opera di storiografia locale Lo vedi ecco Marino, scritta assieme a Franco Negroni (1981). Sotto di lui venne inaugurato l'auditorium monsignor Guglielmo Grassi nei locali della ex-chiesa della Coroncina, e l'attività teatrale ebbe un forte e positivo incentivo.
Il 31 agosto 1962 papa Giovanni XXIII piombò a sopresa a Marino, venendo dalla villa pontificia di Castel Gandolfo a visitare monsignor Alberto Canestri, suo compagno di studi, residente a Marino. Il Papa si ritirò in preghiera nella basilica per alcuni minuti.
L'interno della basilica negli anni trenta del Novecento.
L'interno della basilica nel dicembre 2008.
Nel 1962 la Curia Vescovile patrocinò una serie di lavori di sistemazione e rinnovamento delle cappelle laterali: vennero risistemati il summenzionato altare del Crocifisso e dell'Addolorata, l'altare del Sacro Cuore - terza campata a sinistra -, arricchito con un dipinto raffigurante il defunto abate parroco Guglielmo Grassi che guida il popolo al Sacro Cuore di Gesù, e la cripta - prima campata a destra -, dove trovarono sepoltura la Serva di Dio Barbara Costantini, monsignor Guglielmo Grassi ed il vicario generale della diocesi suburbicaria di Albano Giovanni Battista Trovalusci. Nel 1970 è stata restaurata la statua in legno dorato di santa Lucia, conservata nella prima campata a sinistra. Tra il 1978 ed il 1979 furono eseguiti importanti lavori in basilica, soprattutto nell'area del presbiterio che fu messo a norma secondo le nuove disposizione del Concilio Vaticano II.[27]
Purtroppo, nel corso degli anni ottanta la basilica è stata oggetto di almeno tre furti sacrileghi: scomparirono l'icona della Madonna del Popolo - quella attualmente venerata è una copia moderna -, il reliquiario in argento del braccio di san Barnaba ed un crocifisso in stile berniniano. Non si hanno notizie sulla sorte di questi oggetti.
Dopo l'allontanamento dalla parrocchia di monsignor Giovanni Lovrovich, nel 1989 venne chiamato alla guida della parrocchia don Elio Abri. Quindi, nel 1997 il vescovo di Albano Dante Bernini affidò la parrocchia a don Aldo Anfuso, precedentemente primo parroco della parrocchia di San Bonifacio a Pomezia. Sotto la guida pastorale di don Aldo, l'attività formativa data dall'Oratorio Parrocchiale San Barnaba ha ripreso vigore, è stato restaurato l'auditorium monsignor Guglielmo Grassi con una ripresa dell'attività teatrale che aveva avuto tanta importanza a Marino, e si sono poste le basi per il restauro dell'adiacente sala-teatro Vittoria Colonna.
Negli novanta si sono condotti importanti lavori di restauro della facciata principale della basilica; nel 2006 è stato completamente rinfrescato l'intonaco della monumentale parete orientale, su via Giuseppe Garibaldi.